Forse il fascino dell’opera di Ceccobelli – e questa serie di quaranta dipinti per Rex-built in lo conferma in pieno – è di essersi posto sistematicamente fuori dai giochi del potere e dei consumismo mercantile che inquinano tanta parte dell’arte visiva dei nostri giorni.
Ceccobelli – dotato di grandi qualità inventive, manipolatore delle tecniche più disparate; ma anche attento al retaggio estetico dei passato – ha sempre preferito un suo sentiero molto solitario e scosceso dove non sono rinnegati gli echi d’una tradizione “pittorica” e figurativa, ma dove sono anche spesso adottate le più innovative tecniche compositive, che lo conducono a non tradire quella fiducia nell’uomo e nel suo cammino esistentivo, di cui troppo spesso la nostra civiltà (o inciviltà) si dimentica (o si vergogna). E’ solo così che possiamo comprendere come e perché, in questa ricca e complessa serie di tavole, emergano, accanto a frammenti di un reliquario talvolta vagamente equivoco, anche e sempre degli aspetti che vorrei definire misteriosofici. Ma questo termine – forse troppo ingombrante – non esclude che nelle tavole, accanto a simboli arcaici, numerazioni occulte, figure ambigue e “profetiche”, esistano e siano coinvolte anche “frammenti di quotidianità” : suole di scarpe, detriti di specchi, stoffe ricamate, tessuti, schegge lignee, piombo, fiori secchi, ecc…, materiali diversissimi che, però, non sono da intendere come banali collages polimaterici (così spesso utilizzati in passato a partire dal grande Schwitters fino agli epigoni di Dadà) ma come effettivi richiami a un’impostazione eticosimbolica che è sempre presente nei suoi lavori. (E, tra quelli più convincenti e avvincenti vorrei almeno ricordare alcune tavole come: “Solo per sole”, “Sopra il suo corpo”, “Nobile profeta”, “Figlio della polvere”).
Ecco perché nell’ambito di queste opere non ci stupisce di veder apparire un segno alchemico, oppure troneggiare un “4″ quale simbolo della terrestrità; o una figura femminile che incarna forse un misterioso begehren psicoanalitico…Tutto un alfabeto simbolico dunque, spesso metaforico o metonimico, dove la “contiguità” e la “condensazione” dei significati (la Verdichtung e la Verschiebung tanto per adottare un linguaggio freudiano) si alternano; e giustificano anche la presenza (non sempre positiva) di vere e proprie raffigurazioni “realistiche”. Capaci, tuttavia, di ricordarci come l’arte non dovrebbe mai tralasciare del tutto di rifarsi a quell’ “entelechia umana” che deve costituire il centro di ogni nostra creatività; oggi come sempre.
Gillo Dorfles