Nell’agio
mi sento a disagio.
FRA BERNARDINO GREGO
Il troppo guasta il giusto (detto popolare). Nella vita facile e agiata c’e’ la follia dell’utilitarista e nel suo confronto tecnologico l’utile diventa pigrizia. nelle cose, pero’, c’e’ uno spirito libero che circola per il su stesso esistere. Non c’e’ dunque bisogno di capitalizzare e fermare le energie, ma di farle scorrere. Io non comprendo la civilta’ industriale, io non sono moderno, io non mi ritrovo nel superfluo del consumismo.
I limiti dell’uomo sono quelli della sua ignioranza e della sua perenne infantilita’: per avidita’ divinizza le macchine (perche’ gli rendono di piu’) e intanto anche lui, piano piano, diventa un automa senz’anima.
In questi tempi corrotti occorre invece aumentare la potenzialita’ delle sue mani e delle sue doti spirituali. La credulita’ cieca nella supremazia del progresso tecnologico non riciclabile non ci riscatta mai gratis dalle fatiche, ma accellera semmai la “fine dei giorni” e aumenta la perdita di esperienze per un futuro glorioso dell’uomo.
Collaborare con l natura, servire la natura; perche’ in natura niente e’ nuovo o vecchio, ha un prezzo o e’ meschino. Si scende nella sua pancia e ci si integra, la natura e’ pregna, e’ completa di spirito, con noi la natura e’ abbondanza, non ha bisogno di noi ma noi abbiamo bisogno della sua grazia flessibile. Il cosmo e’ gravida abbondanza, e’ miele, un frutto d’amore per la nostra vita. La natura ci regala tutta la sua materia vegetale, animale e minerale; la porge per condividerla e farcene partecipi, integrandoci con il suo progetto, il suo disegno, il suo spazio; la natura ci serve, si puo’ crescere solo insieme alla natura.
La civilta’ delle macchine, dell’elettronic, della nostra nanotecnologia, ha modificato l’ambiente inquinandolo d’accidia; nate per velocizzare il capitale, esse hanno consumato le nostre energie psicofisiche e, con le loro comode e perverse promesse, sono destinate a sopravanzare la catastrofe del loro inventore, inducendolo a credere nell’inutilita’ dell’umilta’ del lavoro.
C’e’ da opporre un elogio della lentezza e una visione piu’ meditativa,
un comportamento meno sbrigativo, cioe’ una esclusione dei ritmi meccanici e dei tempi della forzata produzione.
L’invasione dei troppo terrestri e’ gia’ in atto da due secoli: le macchne che lavorano per noi, che pensano per noi sono i veri straterrestri, gli alieni per i nostri conforti, e il prossimo futuro ci portera’ a esserne sicuramente succubi e da loro presumibilmente distrutti. Quando le macchine (piu’ perfette dell’uomo?!) elaboreranno la loro forza, capiranno che loro hanno piu’ chances di noi, essere imperfetti e svogliati, verso la ricerca della perfezzione dell’utile, e allora ci debelleranno. Esisteranno androidi buoni? No! Perche’ trasmetteremo gli stessi virus (vizzi umani, troppo umani) anche nei loro chip.
Tutto quello che non e’ manuale o che non riguarda il camminare va al di fuori dell’uomo e della sua divinita’. La manifestazione della sua vera natura si ha nel lavoro, nella fatica, nell’errore, nel viaggio, esperienze vissute con moralita’ e intergita’ di comportamento nei propri limiti fisici, non eliminando il sacrificio.
La “semplicite” esperienza lavorativa manuale ci da’ il giudizio e il metro, ci da’ l’armonia, la pacificazione e il benessere psicofisico. Abbiamo un pezzo di universo dentro di noi da portare a spasso: e’ una bella responsabilita’, restiamo semplici affaticati genitori di D’io.
La comodita’ non fa bene
alla struttura psicofisica dell’uomo,
non c’e’ bisogno delle macchine.
CATERINA FABRIS
L’uomo felice
non ha bisogno di nulla.
piu’ si e’ liberi,
piu’ si e’ canditati a sorridere.
FRA GIROLAMO SAVONAROLA